Questo numero della Rivista Italiana di Counseling è interamente dedicato ai tavoli di lavoro che, tra il 2016 e il 2018, hanno visto impegnati decine di professionisti.

Nel 2016, grazie al contributo di molti counselor, psicologi e psicoterapeuti, è stata realizzata una tra le esperienze di dialogo più significative nella storia del counseling italiano. Dopo un’incubazione di circa trent’anni dalla comparsa dei primi corsi di counseling, durante il 7° Convegno Nazionale di AssoCounseling, Oltre Antigone e Creonte, tenutosi ad Assago dal 18 al 20 marzo 2016, una sessantina di professionisti hanno preso parte a dei tavoli di lavoro e hanno cercato di definire insieme gli elementi comuni del counseling, al di là dei diversi approcci. Elementi in cui ci riconosciamo, a prescindere dalle prospettive teoriche o di orientamento che ognuno di noi, come counselor, assume. E questo è un fatto inedito, perché in realtà non abbiamo evidenza di esperienze di questo genere prima di allora.

Da questo impegno è nata la Carta di Assago: un documento di riferimento per la definizione della nostra professione e insieme un punto di partenza, per continuare a lavorare con passione e determinazione. Nella Carta di Assago si evidenziano alcuni degli elementi che rendono possibile il processo di counseling: la fiducia, l’ascolto, la sospensione del giudizio, l’umiltà e la creatività, la personalizzazione dei percorsi in base alle necessità, la rinuncia all’autoreferenzialità a favore della piena centralità del cliente. Al primo punto della Carta si parla del counselor che crea valore, ovvero della sua capacità di agevolare il processo di auto-realizzazione attraverso strumenti, tecniche e qualità personali.

Ci è apparso da subito evidente che le parole e i concetti della Carta di Assago rappresentavano l’avvio di un discorso ancora in divenire, fatto di interrogativi, di punti di arrivo e di ripartenze, poiché siamo consapevoli che la nostra professione, così come il nostro mondo, è in continuo cambiamento. Siamo consapevoli che non si potrà mai parlare di counseling senza tenere conto di quello che è il contesto nel quale ci muoviamo. E così da quel giorno di primavera di due anni fa ci siamo messi in cammino, animati dal desiderio di continuare a condividere, di fare comunità e di metterci al servizio della nostra associazione, dei counselor professionisti, di quelli in formazione e di coloro che arriveranno dopo di noi.

Il lavoro dei tavoli è andato avanti in modo regolare e continuativo grazie all’impegno dei professionisti che hanno scelto di investire tempo, energie, risorse personali e professionali e che hanno accolto la sfida di uscire dall’autoreferenzialità (considerata da molti di noi un vero pericolo per l’evoluzione della professione) per entrare in uno spazio di confronto, ascolto, condivisione, trasformazione ed evoluzione.

Questo lavoro di “Comunità di pratica” esprime il suo senso più autentico se osservato partendo da quattro concetti chiave:

1) Il valore dell’esperienza e dell’autoriflessione, come guida e sviluppo della conoscenza attraverso la pratica e come fonte di nuovi apprendimenti.

2) La possibilità di offrire criteri condivisi e buone pratiche rispetto alla professione del Counselor e al processo di Counseling e di aumentare la consapevolezza rispetto al proprio ruolo.

3) L’opportunità di trovare punti di incontro operativi che prescindono dai modelli teorici di riferimento e di farli diventare un linguaggio comune sul quale basare parte della nostra identità.

4) Il desiderio di mettere al centro l’etica della professione e dei suoi atti tipici, pur riconoscendo il valore fondamentale e inalienabile della libertà, della creatività e della unicità del processo di counseling e della relazione in atto tra counselor e cliente.

Quest’ultimo punto è di particolare rilevanza perché, nella complessità del quadro di riferimento delle professioni, è necessario affinare metodologie, strumenti e prassi per evitare che restino cristallizzate in principi astratti.

Il documento che vi presentiamo è dunque il risultato di un lavoro inter pares, in cui i counselor coinvolti hanno parlato delle proprie esperienze esaminando diverse dimensioni del processo di counseling, che è stato suddiviso in tre fasi, alle quali corrispondono obiettivi, azioni, strumenti, valori e qualità specifiche e trasversali.

Questo lavoro risponde anche all’esigenza di AssoCounseling di sostenere i propri iscritti nell’esercizio della professione di counselor attraverso strumenti e ricerche atte a favorire una sempre maggiore chiarezza in merito al ruolo e alle buone pratiche del counseling in Italia.

Il rispetto di criteri condivisi, la coerenza tra principi, norme, valori e atti tipici è alla base di un agire etico in ogni professione e l’impegno di AssoCounseling è quello di mettere a disposizione le proprie energie perché questo livello di coerenza sia sempre centrale: nella relazione con gli associati, a tutela dei clienti, nelle relazioni istituzionali e con tutti gli stakeholder dei counselor.

È compito della nostra comunità lavorare per rendere sempre più identificabile il nostro operato e per rendere vive due parole che sono emerse come centrali nel nostro lavoro con i clienti, ma che in primo luogo risultano centrali per noi stessi: responsabilità e cambiamento. 

Questo lavoro non è concluso e rappresenta un invito ad assumere una prospettiva di costante crescita, un invito a creare valore attraverso l’esperienza, mantenendo saldo l’obiettivo di procedere verso una comunità professionale più forte e consapevole, libera e autonoma, nel rispetto dei confini e della chiarezza, per godere a pieno delle tantissime potenzialità che la nostra professione ci offre.

Buona lettura!

Alessandra Caporale
Presidente AssoCounseling

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