Giovane, studente, in difficoltà: identikit dell’utente dei centri di counseling universitari

Giulia Savarese, Oreste Fasano, Nadia Pecoraro, Monica Mollo, Luna Carpinelli, Antonio Iannaccone[1]

 

Abstract

Il presente contributo vuole essere una riflessione sugli utenti dei centri di Counseling psicologici universitari, cioè i giovani adulti, alla luce della nostra esperienza clinica presso il Centro di Counseling psicologico dell’Università di Salerno. Il quadro di riferimento è quello culturalista dei processi di costruzione identitaria e quello sistemico-relazionale. I giovani riferiscono difficoltà di concentrazione, di successo nel sostenere gli esami, ma, sovente, anche difficoltà relazionali, autostima bassa, talvolta comportamenti rischiosi. Il percorso d’intervento, che è organizzato tra i cinque e i sei incontri, mira a lavorare su coping, resilienza e self-empowerment. Il counselor accompagna lo studente nell’avvio di un processo di cambiamento verso l’autonomia, consentendo, spesso, al sintomo, laddove presente, di ridimensionarsi e svuotarsi di significato. L’intervento di counseling può anche costituire una parte della “Rete curante”, nei casi di eventuali successivi invii psichiatrici e/o di altri percorsi terapeutici.

Parole chiave

Studenti universitari, counseling, problematiche giovanili

 

Il counseling universitario

Il counseling universitario, inteso come Servizio, si propone di offrire accoglienza, ascolto e orientamento agli studenti nelle varie fasi del percorso universitario: dal momento della scelta del percorso di studi, alla comparsa di conflitti in itinere, fino al momento della laurea e al contatto con il mondo del lavoro.

L’attività di consulenza psicologica è concepita come servizio di sostegno e supporto allo sviluppo dell’autonomia decisionale per gli studenti universitari che vivono situazioni di particolare difficoltà e che presentano forme di disagio affettivo/relazionale in grado di incidere sul percorso formativo e, in quello più generale, di vita.

Il compito affidato al counselor consiste, attraverso una prima valutazione del caso, nell’assessment iniziale dei bisogni. Si tenta di mettere a fuoco le difficoltà che gli studenti dichiarano di vivere, di ridefinire la domanda di aiuto, di implementare un percorso individualizzato per la valorizzazione delle risorse latenti e per il superamento del disorientamento e dello stallo psicologico (Savarese, Iannaccone, 2013). L’obiettivo sostanziale è aiutare gli studenti a chiarificare, fronteggiare e gestire le difficoltà e i disagi, i blocchi nei quali sono incorsi; offrire sostegno; facilitare la consapevolezza di Sé; superare le difficoltà e sviluppare le proprie potenzialità.

Le finalità del percorso sono:

  • aiuto al processo di scelta, di promozione e di rinforzo dell’autonomia dello studente;
  • sostegno psicologico per i disagi affettivo-relazionali e motivazionali, che, spesso, rappresentano il vero impedimento al conseguimento di un obiettivo.

L’intervento è, quindi, mirato a sostenere l’individuo nel riconoscimento e nel potenziamento delle risorse personali, per la conquista di una completa autonomia decisionale. Pertanto, è adatto a fronteggiare situazioni di difficoltà evolutive, che non rientrano in quadri di patologia conclamata.

Guidando gli studenti nel processo di scelta, promuovendo e rinforzando l’autonomia personale e fornendo sostegno psicologico, un’efficace azione di consulenza dovrebbe contribuire a ridurre quei fenomeni di blocchi e d’incertezze che, spesso, prolungano oltre misura il percorso universitario.

Il tempo medio di durata del percorso è, in genere, di sei incontri complessivi (della durata di 45-50 minuti ciascuno). Il numero di sei incontri resta comunque orientativo, poiché studente e operatore “progetteranno” insieme le finalità e i tempi della consultazione, con un modello d’intervento che privilegi tempi di breve e medio termine, centrato sulla individuazione, elaborazione e superamento del problema specifico. La consultazione si modula sia attraverso un bilancio delle competenze e degli interessi (anche con la somministrazione di testistica), sia attraverso un ciclo di colloqui individuali.

Attraverso la verbalizzazione del vissuto, si mira a individuare il contesto individuale e relazionale in cui si origina il disagio, al fine di indirizzare o meno lo studente verso un percorso che ha come finalità generale il potenziamento del self-empowerment ed il superamento degli ostacoli evolutivi (Savarese, Carpinelli, Fasano, Mollo, Pecoraro, Iannaccone, 2014). In altri termini, la peculiarità di quest’approccio sta nella capacità di “mettere in relazione” il disagio con le proprie relazioni sociali e con le possibili risorse per il superamento degli ostacoli attraverso la messa in atto di una “Rete curante” (Baldascini, 2014). Questa “Rete” si riferisce agli eventuali invii e/o altri percorsi, in cui è chiesto agli operatori di creare un collegamento tra loro, per armonizzare e rendere più efficaci e coerenti gli interventi (Bert, Quadrino, 2004; 2006).

Il giovane universitario che chiede aiuto al Centro di counseling

Per età, il giovane universitario si colloca in una fase delicata del ciclo di vita: un momento evolutivo particolarmente stressante, ricco di cambiamenti e di situazioni critiche, il cui fronteggiamento può diventare fonte di stress e talvolta scatenare disturbi dell’identità (Gore, 2008). Lo studente attraversa quella che è definita una fase di transizione (Cassidy, Trew, 2004), in cui vengono ridefinite le relazioni sociali (con la famiglia, con i pari, con le figure formative), a volte i contesti fisici di vita (es. cambio di città) e la sua identità all’interno di questi (Oyserman, Destin, 2010).

Proviamo a tracciare un profilo dello “studente tipo” nel momento in cui arriva a chiedere aiuto:

  • vive situazioni di particolare difficoltà e sperimenta forme di disagio più o meno gravi, in grado di incidere sul percorso formativo e, in quello più generale, di vita;
  • prova difficoltà a tollerare la frustrazione nell’attesa di poter vedere realizzati i propri obiettivi (esami, laurea, autorealizzazione e autonomia);
  • vive una condizione di insoddisfazione per una serie di bisogni frustrati che gli creano forte tensione, stanchezza e talvolta disorientamento;
  • presenta difficoltà decisionali, tendendo a disperdere energie che non finalizza produttivamente (es. non sapere quali esami programmare e disperdersi in attività parallele non funzionali, oppure programmare l’esecuzione di troppi esami contemporaneamente).
  • tende a perdere sicurezza e autostima;
  • utilizza poco o in modo disfunzionale le strategie di coping a disposizione per affrontare costruttivamente impegni, ostacoli e situazioni stressanti;
  • lamenta difficoltà di adattamento socio-relazionale nel contesto universitario (connesse alla fiducia e all’insicurezza, teme il confronto e la competizione) ma anche di ri-adattamento nel contesto amicale e familiare;
  • presenta difficoltà di concentrazione e di impegno, legati allo stato di tensione, preoccupazione e alla paura di deludere le persone care;
  • sente il peso delle aspettative familiari e sociali, sperimentando, sovente, un senso d’impotenza affettiva (paura di non essere riconosciuto ed amato incondizionatamente) e di solitudine;
  • sperimenta vissuti di colpa e timore di non essere “all’altezza della situazione”, mettendo in discussione la scelta del corso di studi intrapresa (rallenta, rimanda, evita fino alla condizione di stallo) e la propria identità di studente.

Il giovane universitario vive un processo dinamico di transizione e di ridefinizione progressiva e adattiva del Sé (Fasano, 2009). Fronteggiare le situazioni critiche connesse al superamento dei diversi compiti di sviluppo, richiede al giovane studente lo sviluppo di adeguate competenze sul piano cognitivo, emotivo-affettivo e strategico comportamentale, e la capacità di sostenere il confronto con i coetanei che affrontano, magari con strumenti e strategie diverse, gli stessi compiti di sviluppo (Cesaro, a cura di, 2010).

Talvolta, la condizione di disagio sperimentata può condurre i giovani studenti a mettere in atto comportamenti a rischio:

  • condotte che consentono di mettere alla prova le proprie abilità e competenze;
  • atti che tentano di concretizzare livelli di autonomia e di controllo via via raggiunti;
  • sperimentazione di nuovi e diversificati stili di comportamento che, in alcuni casi, possono risultare estremamente dannosi per la propria ed altrui salute, ovvero comportamenti “irrazionali” rispetto al conseguimento dell’obiettivo (soddisfazione dei bisogni), anche se “funzionali” al conseguimento di una certa “omeostasi”, e quindi capaci di ridurre la tensione e di conseguire una soddisfazione “vicaria” dei veri bisogni.

Nella gran parte dei casi, da parte dei giovani che chiedono aiuto al Centro di counseling vi è un certo grado di consapevolezza della propria condizione di disagio ed anche la disponibilità a voler affrontare in maniera “più adulta” i problemi personali. Questa posizione costituisce già una prima scelta decisionale importante e agevola il processo di cambiamento, in termini di autonomia.

Meccanismi della presa in carico ed esiti del percorso di couseling universitario

Generalmente, dopo aver accolto e valutato la domanda dello studente, si avvia il percorso di counseling vero e proprio. Il momento dell’incontro studente-counselor risulta cruciale, in quanto si mettono in gioco le parti e si stabilisce la relazione di fiducia utile a rendere efficace l’intero percorso.

Il counselor intervenire tempestivamente cercando di:

  • ridimensionare e prevenire reazioni cariche di angoscia in grado d’incidere sull’autostima;
  • contenere comportamenti tendenzialmente rischiosi per la salute o socialmente poco accettati;
  • facilitare lo sviluppo delle capacità residue sane;
  • facilitare il superamento degli ostacoli evolutivi, attraverso una maggiore consapevolezza di Sé e delle proprie risorse.

La crescita, al termine del percorso, avviene mediante il superamento di conflitti intrapersonali tra l’individuo e il suo mondo. Tali crisi portano, una volta risolte, alla costituzione di una nuova omeostasi, di un equilibrio più maturo (Bateson, 1977, 1984). Lo studente si riscopre soggetto attivo nella ridefinizione della propria esistenza (Bion, 1972), apprendendo dal confronto e dall’esperienza come affrontare le difficoltà e quindi migliorarsi, aumentando, così, la propria resilienza (Malaguti, 2005).

Il counselor accompagna lo studente nell’avvio di questo processo di cambiamento che lo vedrà più autonomo, partendo proprio da una prima scelta: quella di essere disposto a mettersi in gioco, chiedendo un aiuto e iniziando a raccontare la propria storia. Infatti, nel momento stesso in cui si costruisce narrativamente la propria storia, s’inizia a riguardarla e ad accettarla responsabilmente; quest’operazione, in genere, procura una sensazione di benessere, che deriva dall’aver preso in carico se stessi (Demetrio,1995). Attraverso una diversa simbolizzazione narrativa, così, è permesso al sintomo di perdere la propria funzione (Milner, O’Byrne, 2004). La cornice teorica è quella culturalista dei processi di costruzione identitaria (Bruner, 1986; Iannaccone e Smorti, 2009), da intendersi come modalità privilegiata dagli individui nell’attribuire senso e significato, organizzare la conoscenza e condividere la propria esperienza e interpretazione della realtà.

Nella nostra esperienza clinica presso il Centro di Counseling Psicologico dell’Università di Salerno, la gran parte degli studenti che presentavano modalità disfunzionali e maladattive (seppur non psicopatologiche) al termine del percorso hanno visto ampiamente ridotti i sintomi espressivi del loro disagio ed aumentate le abilità di coping e autostima (Savarese, Iannaccone, 2013; Savarese, Carpinelli, Fasano, Mollo, Pecoraro, Iannaccone, 2013). Per le situazioni più gravi, il counseling è risultato essere un’efficace strumento per il riconoscimento (screening) precoce degli stati mentali a rischio psicopatologico e per l’individuazione di disturbi significativi non diagnosticati, compresi gli esordi psicotici, che sono stati trattati tempestivamente dai servizi territoriali di tutela della salute mentale, su invio da parte del Centro.

© Riproduzione riservata

Note

[1] Centro di Counseling Psicologico “M. Cesaro”, Università di Salerno, e-mail: counseling@unisa.it

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