Abstract

Il Motivational Interviewing nasce nei primi anni ‘80 negli Stati Uniti nell’area delle addictions. Grazie al suo carattere transteoretico e ai positivi studi di efficacia si espande in numerosi altri paesi e aree di applicazione. L’incontro con il team che ha elaborato il sistema dei neuroni specchio e con i neuroscienziati che hanno rivisto e aggiornato le nuove mappe neurofisiologiche (Damasio, Edelman, Gallese, Le Doux), ha sviluppato sinergie di studio e applicative in grado di chiarire e approfondire la relazione tra mente e corpo nei percorsi di counseling. Tre i punti cruciali di lavoro. Ciò che rende l’evento portato dal cliente un suo disagio è il tessuto emotivo in cui egli si trova. L’espressione verbale come forma di comunicazione logico-razionale si ferma a livello corticale, mentre le criticità e i blocchi emotivi si collocano a livello subcorticale, sede della memoria emozionale. L’utilizzo nel counseling di pratiche integrate, come l’ascolto profondo, la riflessività e le attivazioni psicocorporee, elicitano nella persona le risorse creative e raggiungono la memoria delle esperienze emozionali. Esse consentono di sbloccare le emozioni congelate perché composte degli stessi processi e linguaggi di natura psicofisica a forte connotazione corporeo-affettiva. A differenza del counseling esclusivamente verbale, l’integrazione con attivazioni corporee lascia sia tracce mnestiche profonde, subcorticali, che esplicite, cioè, corticali. L’ascolto riflessivo e l’empatia corporea, l’accoglienza e il rispetto della prossemica emotiva della persona, aiutano la ricerca, tramite domande sonda e riflessività, delle connessioni e dei luoghi in cui le parole e le emozioni prendono corpo, si affacciano timidamente o urlano di uscire dall’inibizione e richiedono di essere accolte profondamente.

Keywords

Counseling motivazionale, neuroscienze

 

Il Motivational Interviewing nasce nei primi anni ‘80 negli Stati Uniti nell’area delle addictions con o senza sostanze. Si definisce subito come uno stile di counseling (Miller, Rollnick, 1991). Le radici episte­mologiche arrivano fino alla filosofia socratica da cui traggono la ca­ratteristica metodologica della maieutica. Nella genia più moderna si ritrova in primis C. Rogers da cui si è mutuata la centratura sulla perso­na. Il Counseling Motivazionale (d’ora in poi C.M.) però se ne differenzia subito, in quanto alla centratura sul cliente associa la direzione attiva; vale a dire che è intenzionalmente orientato a migliorare la motivazione al cambiamento e l’ambivalenza verso di esso. La sua “rivoluzione mo­tivazionale”, difatti, si compie sinergicamente in tre condotte: direzione attiva, empatia e centratura sulla persona. I risultati incoraggianti e lo spirito transteoretico (Prochaska, DiClemente, 1992) ne hanno per­messo una diffusione in numerosi altri paesi (in Italia dalla metà degli anni ‘90), in molteplici aree d’intervento (dalle addictions alla sanità, al sociale, all’aziendale) e professioni (dai counselor agli psicologi, ai medici, agli educatori, etc.).

Gli alberi

Il lavoro con i clienti nei servizi pubblici e nel privato mi ha por­tato a confrontarmi con una realtà sfaccettata, mi ha insegnato a coo­perare, a sentire l’utilità della rete, della mente di gruppo in entrambe le situazioni. Ho lavorato cogliendo l’importanza delle parole e il loro limite. La tendenza a continuare la ricerca, l’aggiornamento, il confron­to, mi ha portato a entrare nei territori delle neuroscienze; in primis ho conosciuto il team dei neuroscienziati di Rizzolatti che tra l’Emilia e gli Stati Uniti aveva strutturato le ricerche sui neuroni specchio (Rizzolatti, Sinigaglia, 2006).

Le letture dei loro libri mi hanno appassionato: si aprivano nuo­ve prospettive alla Relazione d’aiuto, l’empatia trovava evidenze scien­tifiche che incoraggiavano a sviluppare un modo, uno stile di counseling che sentivo particolarmente significativo, prendeva forma una sinergia che può essere così sintetizzata. Nelle ricerche sui neuroni specchio il rapporto mente-corpo rappresenta una concezione circolare, non ge­rarchica e, soprattutto, non ideologica. Si tratta di un unico, complesso sistema psico-fisico, che diventa la base della Relazione d’aiuto. Non c’è primato dell’uno sull’altro, ma si influenzano continuamente e vicende­volmente. La psiche influenza il soma ed il soma influenza la psiche. Si lavora con una persona globalmente. Tutti i distretti corporei e tutte le aree del Sé sono in relazione effettiva con il counselor (Iacoboni, 2008).

Il bosco

L’entusiasmo prese corpo (è il caso di dire) e creò presto una vi­sion di gruppo. Nel 2008 realizzammo a Ferrara un convegno nazionale sui “Neuroni specchio e la relazione empatica tra scienza, filosofia, arte e cura”. Oltre 400 partecipanti e al termine del convegno si diede vita a un gruppo di lavoro interprofessionale e interdisciplinare. Attraverso l’approfondimento delle applicazioni dei neuroni specchio inserimmo nel nostro puzzle gli studi che i neuroscienziati stavano facendo da una trentina di anni e che portavano all’elaborazione delle nuove mappe neurofisiologiche (Damasio, 2000, Edelman, 2007, Gallese, 2006, La­borit, 1986, Le Doux, 1998, Liss, 2006). Una realtà, questa, in grande contatto con la clinica e il counseling, in grado di aggiornare e svilup­pare anche il lavoro sugli emisferi cerebrali e sul rapporto tra sistema nervoso simpatico e parasimpatico.

Le ramificazioni tra counseling e neuroscienze

Le persone che si rivolgono ai counselor chiedono di essere aiutati a superare una situazione di difficoltà in cui si trovano. Queste situazioni possono essere le più varie ma hanno un denominatore in co­mune. Esiste un rapporto significativo tra ciò che è successo e il modo di sentire/vivere quello che è successo. È su questa seconda istanza che nasce la richiesta di aiuto. Può essere stato un terremoto, un licenzia­mento, una separazione. Ciò che rende l’evento un disagio in cerca d’a­iuto è il tessuto emotivo in cui la persona si trova ora. La persona ha già provato da sola a uscire dalla criticità, ma qualcosa la blocca, la mantie­ne nel disagio. Questo aspetto è quasi sempre di ordine emozionale più che di ordine cognitivo.

Ecco, allora, che il motivo principale dell’interesse a un Counse­ling Motivazionale Integrato (d’ora in poi C.M.I.), secondo le nuove ap­plicazioni delle neuroscienze, è dato dal fatto che il solo lavoro verbale di tipo razionale difficilmente mette le persone in grado di stare meglio. L’espressione verbale come forma di comunicazione logico-razionale si ferma a livello corticale, mentre le criticità e i blocchi emotivi si collo­cano a livello subcorticale, sede della memoria emozionale (Edelman, 2007). Il lavoro integrato con modalità verbali analogico/associative e coinvolgimenti biocorporei superano le stazioni corticali e raggiungo­no le subcorticali: sistema limbico, ipotalamo, amigdala (Beauregard, 2009; Linden , 2006; Roffman, 2005). Abbiamo, quindi, a disposizione due tipi di lingue. L’una, ad esempio la forma di questa frase, è di tipo logico/analitico, è usata per trasmettere informazioni, è la lingua della scienza, delle spiegazioni, delle definizioni, delle concettualizzazioni, è più propria dell’emisfero sinistro. L’altra è la lingua delle immagini, delle metafore, della par pro toto, dei simboli, delle evocazioni, delle espressioni gestuali, corporee, del contatto, delle manifestazioni emo­zionali, è più propria dell’emisfero destro. (Watzlawick, 1991).

L’emisfero destro, specializzato nell’elaborazione delle informazioni simbolico-emozionali, è maggiormente connesso con le strutture del sistema limbico e controlla bilateralmente il sistema nervoso simpa­tico e parasimpatico. L’emisfero sinistro invece assolve funzioni relative al linguaggio, in particolare nell’uso della semantica, della grammati­ca, del ragionamento logico/analitico. Le moderne ricerche delle neu­roscienze dimostrano che non è sufficiente coinvolgere l’emisfero de­stro per raggiungere le risorse emozionali, in quanto queste risiedono elettivamente nelle zone subcorticali, ed evidenziano la differenza tra il luogo di elaborazione delle emozioni (emisfero destro) e il luogo della memoria emozionale (sistema limbico).

L’utilizzo nel counseling di pratiche integrate, come l’ascolto profondo, la riflessività psicocorporea, attivano nella persona le risorse creative e raggiungono la memoria delle esperienze emozionali. Le mo­dalità integrate consentono di sbloccare le emozioni congelate perché composte degli stessi processi e linguaggi di natura psicofisica a forte connotazione corporeo-affettiva (LeDoux, 1998).

Il Counseling Motivazionale Integrato

Miller e Rollnick (2004), nel descrivere la comunicazione tra­sformativa operata dal counseling motivazionale, ricordano un impor­tante principio della psicologia della percezione, secondo il quale, quan­do una persona dà voce a ciò che sente, chi l’ascolta fa esperienza delle sue emozioni e della sua rappresentazione del mondo. A questo, i due autori, aggiungono che il fatto di entrare in una sintonia espressiva con l’interlocutore dipende non solo dal percepire e accogliere i vissuti che il suo parlare producono, ma anche dal fatto di restituirli e rispecchiar­li al parlante. La rappresentazione di sé che l’interlocutore riceve (che origina da tale rispecchiamento) ha il potere di rendere più probabile un cambiamento, poiché è connessa con un afflusso d’energia, con una diversa angolatura e con un’immagine/mappa di sé più dettagliata. Il significato di una battuta di ascolto riflessivo dà luogo ad ulteriori catene di significato, mentre sentiamo un nostro stato interiore prendere voce e forma dal nostro interlocutore. Un’affermazione contenente le due fac­ce della situazione, o anche la ripetizione semplice di una o più parole chiave del discorso del nostro cliente, espresse con empatica centratura sulla persona, possono far balenare un piccolo satori, il termine Zen che sta per illuminazione: qualcosa che apre le porte dell’intuizione, della percezione, l’insight nei processi creativi. La relazione rispecchiante, vale a dire empatica, è la condizione essenziale per l’ascolto profondo e per la conoscenza dell’esperienza soggettiva del cliente, aspetti di per sé forieri di ricontestualizzazioni, rielaborazioni e riattivazioni capaci di elicitare l’uscita dalla criticità.

Iacoboni (2008) precisa che il processo di rispecchiamento è immediato, non si può parlare di imitazione, ma di comprensione di­retta, esperienza interiore che si traduce in azione senza la mediazione dell’astrazione logica. L’attivazione empatica psicocorporea permette, quindi, di partecipare all’azione dell’altro senza doverlo imitare, per­mette di ascoltarlo profondamente, di stare nella relazione, di sentirlo, di comprenderlo, di entrare in rapporto senza dover necessariamente essere d’accordo con i suoi contenuti.

L’empatia, ricorda Gallese (2013), avviene soltanto in un pro­cesso di sintonizzazione psico-fisica: è l’accesso diretto all’altro man­tenendo i propri confini che permette la comprensione profonda. In questo senso l’empatia è ad attivazione biocorporea (neuromodulatori, prossemica posturale, mimica, sensomotoria, regolazione emozionale). La dinamica corporea intensifica la dinamica cerebrale riguardante le emozioni e le relazioni, stimolando la produzione neuro-modulatoria di dopamina, acetilcolina e serotonina. Tutti questi neuromodulatori sono attivatori di circuiti neuronali che estendono non soltanto la dinami­ca momentanea (riducono il senso di disagio e predispongono l’esplo­razione), ma anche la memoria a lungo termine. Così, a differenza del counseling esclusivamente verbale, l’integrazione con attivazioni corporee lascia sia tracce mnestiche profonde, subcorticali, che esplicite, cioè, corticali (Cozolino, 2008).

Il funzionamento del SNC, attraverso il cervello, si attua solo se interconnesso con il corpo. Si può dire che il corpo (cervello compreso) è preparato per guidare l’organismo a sviluppare se stesso anche nella percezione di sé in relazione all’ambiente. Inoltre, il corpo nelle relazio­ni interpersonali gioca un ruolo fondamentale visto che l’intersoggeti­vità (le relazioni tra individui) è a monte del livello di comunicazione verbale, avviene cioè attraverso processi pre-verbali di sintonizzazione e di simulazione incarnata (Gallese, 2006).

L’osservazione di un’azione induce l’attivazione dello stesso cir­cuito nervoso deputato a controllarne l’esecuzione, quindi l’automatica simulazione della stessa azione nel cervello dell’osservatore che si ri­verbera nell’attivazione psicocorporea, comprese le sensazioni propri­ocettive e interocettive, cioè la somma di sensazioni che determina un sentimento generale di benessere o di malessere, di affaticamento, di energia, di confusione o di chiarezza (Gallese, 2007). La mente, come già sosteneva Bateson (1977) non è solo interiorità, ma è prodotta an­che dagli stati mentali attivati dal corpo, il tutto in assoluta connessione con il nostro essere nel mondo.

I neuroni specchio, che si attivano nell’osservazione dell’altro, sono neuroni senso-motori, che generano e preparano la loro finalità ultima che è l’attivazione corporea. Dunque, inizialmente (sia a livello ontogenetico che filogenetico) la relazione umana non si produce attra­verso il linguaggio e la conoscenza cognitiva, ma attraverso l’esperien­za corporea che si attiva e sviluppa con la vicinanza, l’osservazione e il contatto con l’altro. Il motto cartesiano Penso dunque sono, andrebbe ri­formulato in Sento dunque sono. La percezione di sé è la consapevolezza del corpo vivo, cioè della sua attivazione psicofisica. La vista della vita psichica dell’altro ci fa conoscere la nostra così come si presenta osser­vata dall’esterno (Gallese, 2007). L’empatia corporea rappresenta una capacità innata, strutturata dall’apprendimento. Il counselor che sta in risonanza psicofisica con la persona sta favorendo la rinascita di questa competenza emotivo-relazionale, lo sblocco del ciclo delle emozioni e quindi la strutturazione del Sé (Stern, 2005).

L’ascolto riflessivo e l’empatia corporea, l’accoglienza e il rispet­to della prossemica emotiva della persona, aiutano la ricerca, tramite domande sonda, riflessività e attivazioni psicocorporee, delle connes­sioni e dei luoghi in cui le parole e le emozioni prendono corpo, si af­facciano timidamente o urlano di uscire dall’inibizione e richiedono di essere accolte profondamente.

L’attivazione dei neuroni specchio nella relazione professionale d’aiuto in tal modo strutturata mette in moto un circolo virtuoso che può essere rappresentato ricorrendo a un’immagine orbicolare così sintetizzata (Iacoboni, 2008).

Il counseling motivazionale integrato con le neuroscienze

Sinossi di un percorso di Counseling Motivazionale Integrato

Dalla parola all’emozione all’immagine al gesto al corpo alla parola

A mo’ di esempio, il C.M.I. può essere descritto come un processo dinamico composto fino a cinque stadi, a seconda dell’obiettivo concor­dato con il cliente.

Stadio 1. L’accoglienza motivante: sintonia empatica, domande aperte e ascolto riflessivo, cogliere parole e gesti chiave.

Stadio 2. Ascolto riflessivo focalizzato sul sentire e domande son­da per approfondire la narrazione, la sintonizzazione e il profilo moti­vazionale/emozionale (i tre fattori del cambiamento e il ciclo emozio­nale).

Stadio 3. Dare corpo alle parole, esperire la narrazione. Aiutare la persona a sentire dove risuonano le parole chiave, dove si collocano e quali sensazioni producono. Domande sonda, riflessività del sentimen­to e riflessività amplificata per far emergere dalla parola l’emozione e le sue radici corporee. Si lavora sulla consapevolizzazione e prime mo­dulazioni; uso orientato dell’ascolto riflessivo.

Stadio 4. Intraprendere elaborazioni, progetti e azioni per il cam­biamento dentro il setting (costruire immagini, piani di lavoro, decision making, simulate, real playing) e fuori (le cose da fare per raggiungere gli obiettivi, verifiche comportamentali ed emozionali).

Stadio 5. Controllo ecologico. Ogni cambiamento rispetta l’ecolo­gia interna se si armonizza con i criteri, i valori, le regole, i sentimenti, le finalità della persona, altrimenti nascono disagi, resistenze, insod­disfazioni, ritorni ai vecchi comportamenti. La persona viene invitata a fare una ricognizione: della qualità dei suoi stati d’animo, delle sueemozioni, delle sue condizioni di vita, dei suoi rapporti nei contesti di riferimento, di quanto si sente soddisfatto, della voglia di continuare e rinforzarsi nei propri cambiamenti.

Naturalmente non si tratta di un processo lineare, con una se­quenza logica, predefinita, siamo più vicini all’immagine di una danza, un percorso con passaggi avanti e indietro con un ritmo condiviso, ri­spettoso dei movimenti e delle scelte del cliente.

Mi piace collegare questi stadi che noi chiamiamo il ciclo vitale del percorso di counseling con le parole di Rollo May (1991):

Il compito del counselor è quello di assistere la persona nella ricerca del suo vero Sé e poi di aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel Sé e potrà farlo accompagnandolo nell’identificazione e nell’espressione delle sue emozioni.

Studi di efficacia del C.M.

Quale strumento standardizzato e guidato tramite manuale, Miller e coll. (1992) hanno sviluppato il protocollo definito Motivational En­hancement Therapy (MET). Nel 1999 il NIDA (l’istituto governativo Usa che definisce le politiche americane sulle droghe) ha inserito la MET tra gli approcci a cui è riconosciuto un fondamento scientifico (National Istituite of Drug Abuse – National Institutes of Health 1999). Nel 2012 in Italia è uscito il volume edito dalla Presidenza del Consiglio dei Mi­nistri, dipartimento politiche antidroga, dal titolo Diagnosi e intervento precoce dell’uso di sostanze nei minori. Il libro riconosce come metodo­logia elettiva il Counseling Motivazionale e lo riporta in copertina.

Il C.M. è stato al centro di due importanti studi multicentrici che ne hanno valutato l’efficacia comparata, il Project MATCH (Project MATCH Research Group 1993, 1998), che fu sviluppato utilizzando la MET (Miller e coll. 1992) negli Stati Uniti; e lo studio UKATT (UKATT Research Team 2005 a e 2005 b) in Gran Bretagna.

Un notevole sviluppo ha raggiunto la letteratura scientifica vol­ta alla verifica dell’efficacia del metodo clinico del C.M.: oltre 200 tra trial clinici controllati, revisioni sistematiche e metanalisi (Burle e coll. 2003, Dunn e coll., 2001, Hettema e coll., 2005) che complessivamente hanno dimostrato effetti positivi del C.M. in numerosi campi di attività e applicazione. Un interessante aspetto emerso in questi studi è stato quello della particolare efficacia del C.M. quando applicato in asso­ciazione ad altri trattamenti attivi, Miller e Rose (2009).

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Note

Gallese, insieme a Giacomo Rizzolatti e Leonardo Fogassi, ha ricevuto nel 2007 il Grawemeyer Award per la psicologia.

Garofani L., (a cura di), 2008, Neuroni specchio e la relazione empatica tra scienza, filosofia, arte e cura, Atti del Convegno Nazionale.

Per approfondire lo stile e le strategie del C.M.I. con l’uso di domande sonda, frasi direzionali, riflessività e attivazioni psicocorporee, vedi: Bimbo A., (2013), Dispensa C.M. Integrato, S.I.C.M., Ferrara.

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